Razzismo nel calcio, Jonathan Tah: «Mai vissuto episodi in uno spogliatoio, ma nella vita di tutti giorni capita spesso» | OneFootball

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·21. März 2025

Razzismo nel calcio, Jonathan Tah: «Mai vissuto episodi in uno spogliatoio, ma nella vita di tutti giorni capita spesso»

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Le parole di Jonathan Tah, difensore della Germania, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale

Il 21 marzo è la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, proclamata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1966. A questo riguardo Sky Sport DE ha parlato con Jonathan Tah, difensore del Bayer Leverkusen sceso in campo ieri sera in Italia Germania di padre ivoriano e madre tedesca. Di seguito le sue parole.

ESPERIENZE DI RAZZISMO IN UNO SPOGLIATOIO«No, almeno non in modo deliberatamente discriminatorio nei confronti di qualcuno. Ma a volte la gente parla di razzismo quotidiano ed è per questo che dovremmo scambiarci idee di continuo».


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UN EPISODIO PERSONALE«Sicuramente c’è stata una situazione in cui all’inizio potevo essermi sentito attaccato. Ma ho tirato fuori l’argomento chiedendo al diretto interessato: cosa intendevi esattamente? Situazioni del genere si possono risolvere relativamente in fretta».

IL RAZZISMO LATENTE«Questo sfortunatamente accade molto, molto spesso. Questa è fondamentalmente la norma. Come reagisco in questi casi? Se qualcuno mi dice qualcosa del tipo “Non sei affatto tedesco”, gli faccio una domanda provocatoria: Ok, cosa sono se non sono tedesco? Al che mi sento rispondere a cose come “Tuo padre viene da qui e da lì”».

IL PARADOSSO DELL’IDENTITÀ«Quando sono in Costa d’Avorio, non sono considerato per niente ivoriano, perché parlo fluentemente il tedesco. Sono cresciuto con questa cultura: mia madre è tedesca, quindi anch’io sono tedesco. Mi definisco tedesco. E quando qualcuno ti dice: “Non sei ciò in cui ti identifichi”, ti fa male, ti fa male».

IL RAZZISMO COME CRITERIO DI SCELTA PROFESSIONALE«Se terrei conto di episodi di razzismo nello scegliere una squadra? Sicuramente ne terrei conto nella mia decisione. Ma cerco sempre di distinguere le cose. Il problema del razzismo è uno stereotipo estremo e io non voglio affatto che ci siano questi stereotipi. Può darsi che il club non sia affatto orientato a questo. Magari a volte ci sono dieci persone che sono così e magari a queste persone viene costantemente chiesto di non farlo, eppure continuano a non comportarsi in quel modo».

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