Milannews24
·9 March 2025
Bondo a Foot Mercato: «Vi racconto i retroscena del mio arrivo al Milan, questi gli obiettivi da qui a fine stagione. Lui il calciatore che mi ha più impressionato»

In partnership with
Yahoo sportsMilannews24
·9 March 2025
Intervistato da Foot Mercato, Warren Bondo, centrocampista del Milan, ha dichiarato:
INIZI – «Anche quando non giocavo, sapevo che non era una questione di livello. So di cosa sono capace. Sì, quando ero al Brétigny, il miglior club del 91 (uno dei distretti, ndr). Quando sono arrivato, ho visto che ero una spanna sopra gli altri e mi sono detto che potevo fare qualcosa. Nella mia generazione del 2003 c’erano Abou Sakho, che poi ha firmato per il Le Havre, Igor Deba Nsingi, al Bordeaux, Sekou Lega, all’OL e ora internazionale U20 francese, e Lenny Belin, allo Strasburgo. Cinque di noi hanno firmato per club professionistici, un’impresa rara per una generazione. Abbiamo vinto tutto: i campionati U14 e U15, la Coppa di Parigi… È qualcosa che ti rimane dentro per tutta la vita, anche se non si tratta di titoli “importanti”. Quando si batte il PSG a livello giovanile, quando si domina il proprio campionato dell’Ile-de-France, è qualcosa che rimane impresso nella mente».
NANTES – «Inizialmente dovevo firmare per il Nantes, ma all’ultimo momento non se ne fece nulla. Era aprile e tutti i miei amici erano entrati in club professionistici, tranne me. Avevo fatto dei test anche al Bordeaux e al PSG, ma siccome ero già fisicamente più avanti di loro alcuni club avevano dei dubbi e pensavano che una volta raggiunto il livello U17 le cose si sarebbero appianate. In realtà, il Nancy è stato l’unico club a proporre qualcosa di concreto».
NANCY – «Quando sono arrivato al centro, avevo tutte le intenzioni di firmare come professionista, ma non avrei mai pensato che sarebbe successo così rapidamente. Avevo un contratto di tre anni come aspirante, ed eccomi qui a firmare come professionista in un solo anno… Quindi ho un po’ rovinato tutto (ride, ndr). Ho giocato una stagione nelle Nazionali U17, poi sarei dovuto andare al PSG, che mi ha offerto un contratto da professionista, ma non ha funzionato tra i due club. Così sono rimasto al Nancy e mi hanno offerto un contratto».
MOMENTO PIU’ IMPORTANTE DELL’INIZIO CARRIERA – «Se devo sceglierne uno, sì. Quando si è bambini si sogna di diventare professionisti, ma non necessariamente a 15 anni. Nessuno lo immagina davvero. Sapevo che un giorno avrei firmato come professionista, ma non così presto, mi ha persino scioccato (ride, ndr). Quando all’epoca il PSG voleva offrirmi un contratto da professionista… io, un ragazzo della regione parigina, ho pensato che fosse meraviglioso. Alla fine sono rimasto al centro con i miei compagni del Nancy, e tanto meglio. Non volevo andare all’estero, anche se c’erano il Liverpool, il Manchester United e l’Inter».
SVILUPPO – «Ciò che mi ha aiutato, e ne sono convinto, è che ero abituato a giocare con giocatori più grandi fin da piccolo. Salivo spesso di categoria e sono passato rapidamente da metà campo a un campo intero, perché a 12 anni giocavo negli U14/U15 e con gli adulti, questo mi ha aiutato. Per esempio, durante il mio primo anno da professionista, ero con le riserve, che erano composte da giocatori nati nel 1999 e nel 2000 (Bondo è nato nel 2003, ndr). Ovviamente non è lo stesso livello, ma si può dire che partivo da una base, anche se avevo un ampio margine di miglioramento».
IDOLO – «Il mio riferimento è Yaya Touré, lo metto al primo posto nella classifica dei migliori centrocampisti della storia. Era il giocatore che poteva segnare 20 gol giocando come numero 8, e non come centrocampista d’attacco, sia chiaro. Era troppo forte. Poi mi sono piaciuti Pogba, Modric e Kanté. Anche un giocatore come Ndombele al suo meglio mi piace».
MONZA – «Francamente non avevo un piano di carriera e non mi sono mai detto che avrei giocato in Italia. Quando è scaduto il mio contratto con il Nancy, dovevo firmare per il Nizza, ma l’allenatore Galtier se ne andava e anche il direttore sportivo… Il Monza mi ha contattato tramite Francois Modesto, che prima era all’Olympiakos. Mi parlò del progetto e non ci volle molto per convincermi. Mi hanno detto che avrei giocato, che ci sarebbe stato un gruppo solido e mi sono detto “vai».
SERIE A – «Per me la Serie A è il secondo miglior campionato al mondo, dopo la Premier League. Ci sono troppi grandi club: Milan, Inter, Roma, Juve, Atalanta, Napoli… È un campionato molto omogeneo. Quando sono arrivato mi sentivo bene, ma durante gli allenamenti ho capito subito che si trattava di un altro livello».
INIZIO AL MONZA – «Appena arrivato, l’allenatore che mi aveva portato, Giovanni Stroppa, se ne andò. Lo sostituì Raffaele Palladino, ora alla Fiorentina, che non mi fece giocare molto. Non parlavo la lingua e nel mio ruolo c’erano giocatori che avevano vinto l’Europeo con l’Italia, come Matteo Pessina. Io ero un ragazzo giovane, quindi avevo tutto da dimostrare. Sapevo che sarebbe stata dura, ma sapevo anche di avere le carte in regola. Ero reduce da una stagione in cui avevo giocato tutte le partite per il Nancy. Non ero abituato a stare in panchina e mi sono imposto di andare in prestito. Così sono andato alla Reggina e lì… quasi una stagione in bianco. Ho giocato solo 3 partite e quando sono tornato a Monza la scorsa stagione, è stata la stessa cosa, fino a quando l’allenatore Palladino mi ha dato la mia possibilità. Da gennaio 2024 a gennaio 2025 ho giocato sempre e non sono mai uscito dall’undici titolare».
REGGINA – «Dal punto di vista calcistico, non è stato molto proficuo perché sono stato in panchina e ho perso 6 mesi. Ma è stata un’esperienza, sono stato in Serie B senza giocare, e poi mi sono detto “oh sì, non giocherò alla Reggina”. Quindi questo mi ha dato mentalità».
MENEZ – «Mi ha preso come fratello minore, mi ha dato consigli e sapeva che avevo un buon livello. Siamo ancora in contatto e al momento è un consulente. Ha avuto una grande carriera ed è stato un grande giocatore. Alla Reginna era forse a fine carriera, ma si vedeva che di un livello alto».
VALENTIN CARBONI – «È un giocatore del 2005, è arrivato a Monza molto giovane e ha avuto un impatto immediato. Ha sempre giocato in Italia, quindi ha potuto vedere che la Francia era un’altra cosa. Credo che, se avesse avuto tempo a sufficienza, avrebbe avuto successo a Marsiglia. Valentin è davvero molto forte per la sua età, fa cose che i grandi non fanno. È un internazionale argentino e ha vinto la Copa America, ma purtroppo l’infortunio lo ha frenato».
GIOCATORE CHE LO HA PIU’ COLPITO – «Quello che non conoscevo e che ho visto quando sono arrivato a Monza è stato Reijnders. Ora gioco con lui, ma la scorsa stagione dicevo ai miei amici che era il miglior giocatore della Serie A, almeno tra quelli che non conoscevo. Quando ho giocato contro di lui, era davvero forte, ed è stato quello che mi ha shockato di più».
ARRIVO AL MILAN – «Diciamo che è stato fatto in due ore, questo è il bello (ride, ndr). Quando il mercato ha aperto quest’inverno avevo intenzione di rimanere a Monza. Avevo sentito dire che il Milan era interessato, ma niente di concreto. Mi è stato detto che non pianificavano di comprare, quindi mi sono detto “non c’è problema, resto qui e mi concentro sul Monza”. Poi, quando sono uscito dall’allenamento, sono andato sui social network per seguire il mercato come tutti gli altri, e verso le 14 ho saputo che Bennacer voleva partire per l’OM. Non avevo altri pensieri in quel momento, se non che alle 17 del pomeriggio mio zio, che è il mio agente, mi chiamò per dirmi che il Milan mi voleva dopo la partenza di Bennacer e che il club avrebbe fatto un’offerta al Monza. Mi chiese cosa volessi fare e io risposi: “Vado”. Tre anni fa ho avuto la possibilità di andare con Maldini e Massara, ma non è successo. I contatti con la direzione sportiva non si sono mai interrotti, quindi la trattativa non è durata molto. Abbiamo trovato subito un accordo, così come i club».
SOSTITUIRE BENNACER – «Bennacer è un giocatore di alto livello, e ha anche avuto una carriera pazzesca da quando ha lasciato l’Arles-Avignon. Penso che sostituirlo sia un’ottima mossa. Ma non è necessariamente una pressione in più, perché se il Milan mi cerca è perché c’è qualcosa. Ora devi dimostrare il tuo valore in un grande club, davanti a 80.000 persone e con molta pressione. Sono convinto che avrò successo».
ESEMPIO SOCIALE – «Anche nella situazione più complicata del mondo, in cui mi dicevano “non giocherai nemmeno a Monza”, “ti rovinerai lì”, non mi sono fatto prendere dal panico. Sapevo che non era una questione di livello se non giocavo. Ogni calciatore è capace di fare autocritica e sa se ha il livello o meno. Non sapevo che avrei giocato nel Milan, ma sapevo che le porte si sarebbero aperte se avessi giocato nel Monza e che l’opinione della gente sarebbe cambiata. Quando l’anno scorso sono andato a giocare nella squadra francese U20 (ha giocato a tutti i livelli giovanili dall’U16, ndr), ho capito che avrei potuto raggiungere il livello di un club come il Milan. Era il destino».
GIOCARE PER UN TOP CLUB – «Quando vai al ristorante a Milano, la gente ti guarda, ti fotografa, non puoi nemmeno uscire. A Monza potevo andare a comprare il pane in panetteria, qui è più complicato. Non è imbarazzante, ma sei più osservato, più richiesto, e hai anche più obblighi mediatici, più servizi fotografici».
INTEGRAZIONE AL MILAN – «Mi hanno fatto sentire il benvenuto. Youssouf (Fofana), Rafael (Leão), che parla molto bene il francese… Per quanto riguarda Rafael, dovete sapere che lo conoscevo bene grazie al mio ex compagno di squadra al Monza, Dany Mota, che parla anche lui il francese (è nato in Lussemburgo e ha giocato nelle giovanili del Portogallo, ndr). È un suo amico e io ero sempre con lui. C’era quindi un legame tra noi e Rafael era felice del mio arrivo. Con i francesi è stato naturale. In mensa mi sono seduto direttamente accanto a Youssouf, Mike, Théo… Mi hanno facilitato l’integrazione e ogni giorno osservo i loro metodi di lavoro. Sono dei campioni».
DIFFERENZE RISPETTO AL MONZA – «Il livello degli allenamenti, ovviamente, le infrastrutture, il modo in cui vieni gestito, sei in un ambiente estremamente confortevole. A Milano hai tutto quello che ti serve per avere successo, quindi se non ce la fai è colpa tua. Tutto ciò che dovete fare è giocare il vostro calcio, perché vi mettiamo nelle migliori condizioni possibili».
OBIETTIVI – «Voglio lasciare il segno al Milan. Qualificarmi per la Champions League, perché per un club come il Milan è importante arrivare tra le prime 4. Mancano 10 partite, quindi possiamo ancora farcela. Anche vincere la Coppa Italia è un obiettivo da qui alla fine della stagione».
RICORDO MIGLIORE CON LA NAZIONALE – «Direi la semifinale di Euro U19 nel 2022, che purtroppo abbiamo perso contro Israele (1-2). Era una competizione importante e si passava un mese lì con i propri compagni. Avevamo fatto quasi tutto bene e forse eravamo troppo sicuri di noi stessi, anche se Israele meritava di vincere. Siamo usciti un po’ stupidamente, ma se si considera la competizione, avevamo il capocannoniere Loum Tchaouna, il miglior attacco, avevamo tutte le carte in regola per arrivare fino in fondo».
CONVOCAZIONE U23 – «Certo, sarebbe già un buon passo per entrare nella squadra U23, farmi un nome e vedere dove mi porta. Essere a Milano mi dà più visibilità, ma devo anche giocare. Ma la squadra U23 francese è sicuramente nei miei pensieri».