Davide Santon: «Ero il “bambino” di Mourinho, poi gli infortuni e le critiche mi hanno messo ko. Ero depresso dopo avere smesso con la Roma, è stato importante questo» | OneFootball

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Calcionews24

·19 Maret 2025

Davide Santon: «Ero il “bambino” di Mourinho, poi gli infortuni e le critiche mi hanno messo ko. Ero depresso dopo avere smesso con la Roma, è stato importante questo»

Gambar artikel:Davide Santon: «Ero il “bambino” di Mourinho, poi gli infortuni e le critiche mi hanno messo ko. Ero depresso dopo avere smesso con la Roma, è stato importante questo»

Le parole di Davide Santon, ex terzino di Inter e Roma, sui suoi ricordi nel mondo del calcio dopo il ritiro. Tutti i dettagli in merito

Giovane prodigio e l’addio al calcio a soli 31 anni: la vicenda di Davide Santon presenta questi due estremi, tra precoce esplosione nel calcio che conta e un ritiro dalle scene dopo troppi infortuni. L’ex difensore dell’Inter si è raccontato su La Gazzetta dello Sport.

MOURINHO DISSE: «IL BAMBINO É BRAVO»«È una frase speciale, come chi l’ha pronunciata. Il soprannome mi è rimasto appeso per la vita: ero davvero un bambino felice in mezzo a tanti giganti. Mou non voleva essere teatrale, come faceva a volte, ma sincero: pensava solo a trasmettere fiducia per il futuro che avevo davanti».GLI INFORTUNI«Se all’epoca un mister mi diceva “ho bisogno di te”, io rispondevo “sono pronto”, anche se non lo ero. Quando mi sono rotto il ginocchio la prima volta in U21, ho accettato di giocare la ripresa stringendo i denti e rovinandomi completamente: oggi direi di no e, al rientro, non forzerei più i tempi. Dopo il primo ritorno, ho iniziato a giocare male e, dopo 4 mesi, nuova operazione e fuori altri 8. Da quel momento in poi posso dire di aver giocato spesso con una gamba e mezza. Anche solo per allenarmi dovevo tenere il ghiaccio per ore: una zavorra dal punto di vista mentale. Gli errori, le critiche, gli affanni in campo: erano gocce che scavavano nella testa. Serviva aiuto per provare a rialzarsi».IL SUPPORTO PSICOLOGICO«È stato decisivo nei primi 6-7 mesi dopo aver smesso alla Roma: ero depresso, senza meta. Pensavo solo alla mia fine triste, diversa da quella che avrei voluto, eppure ero così stanco… Il calcio era diventato solo sofferenza più che gioia, però nello stesso tempo ero pieno di “se”: se avessi fatto quello, se non mi fossi fatto male, se, se… Ma se il rimpianto ti assale, serve aiuto»

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