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·13 marzo 2025
I 70 anni di Bruno Conti, l'omaggio della rete a Marazico

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·13 marzo 2025
Nella sua vita a colori giallorossi c'è quel magnifico lampo di azzurro che lo portò sul tetto del mondo nel 1982. Lui è Bruno Conti, "Marazico", "SindacodeRoma" nato il 13 marzo 1955 a Nettuno che al baseball preferì il calcio, diventandone un simbolo e una bandiera.
A Roma sicuramente, quella Roma che da oltre mezzo secolo non ha mai smesso di amare: Bruno Conti compie 70 anni, e se di Roma e della Roma resta un idolo, le sue giocate, i dribbling epici, i gol fanno parte della storia del calcio.
Lo sa bene l'ex campione che nella sua carriera ha avuto il privilegio di alzare la Coppa, quella del Mundial di Bearzot e Pertini, e far esultare i tifosi romanisti con il titolo nella stagione 82-83.
Il suo numero 7 (il 16 a Spagna 82) è di quelli che hanno lasciato il segno, anche nella serata più triste per i giallorossi. La finale di Coppa Campioni persa con il Liverpool, la maledizione dei rigori che colpì anche Conti.
Ma lui resta il volto felice dell'Italia campione a Madrid, perché Conti era l'uomo dell'ultimo passaggio "e bastava solo spingere la palla in porta", come disse Paolo Rossi.Del resto non a caso si era guadagnato un soprannome nobile: MaraZico, la crasi dei due giocatori più forti di allora, Maradona e Zico appunto. Un talento riconosciuto da tutti per l'ex ragazzo di Nettuno che successo e notorietà non hanno cambiato.
E' rimasto Brunetto, figlio di operaio ("mio papa' Andrea 'malato' per la Roma" dichiara all'ANSA) e nell'animo, come quando da ragazzo il destino lo legò ai giallorossi per sempre, perché prima di finire alla società dei suoi sogni era stato scartato dal Helenio Herrera, che giudicò troppo piccolo, e inadatto al calcio, quello 'scricciolo' alto appena 1.65.
Ma il 'Mago' aveva sottovalutato quel sinistro capace di pennellare magie. E a Spagna '82 dimostrò tutto il suo talento, inserito nell'All Star Team del Mondiale e indicato da Pelè ("non uno di passaggio") come il miglior giocatore del torneo.
Campione di modestia e simpatia, ha incarnato i valori di un calcio sparito: era la Roma di Viola e Liedholm (uno aveva costruito il progetto, l'altro ci metteva le intuizioni) e l'Italia di Bearzot e Pertini. Era la Roma di Falcao che per Conti non ha mai nascosto ammirazione e profonda amicizia.
"E' stato il compagno della Roma con cui più mi sono identificato, dentro e fuori dal campo - le parole che spese per lui il brasiliano -. Aveva la tecnica di un calciatore sudamericano, e a volte era difficile convincerlo a non fare un dribbling in più. Faceva sparire il pallone ai difensori avversari".Spontanea era anche la sua intesa con Roberto Pruzzo ("spesso bastava uno sguardo per capirci"), nata ai tempi in cui giocavano insieme nel Genoa e Gigi Simoni consegnò per la prima volta a Conti la maglia numero 7 con cui tutti poi l'avrebbero identificato.
E una cosa che non è mai venuto meno è l'amore: quello della gente fin dai tempi in cui dava spettacolo nella Primavera di cui facevano parte anche Agostino Di Bartolomei e Francesco Rocca.
Anche la Roma del nuovo millennio, quella dei presidenti arrivati da lontano, ha consentito a Conti di restare un punto fermo nella società. Perché dal campo non è mai uscito: impegnato nei vivai, si è sempre occupato del settore giovanile, ha scoperto talenti e continuato a fare il tifo per tutti quelli che negli anni hanno preso il suo posto.
Primo fra tutti Francesco Totti. Forse nella Roma poteva ambire a ruoli diversi nella sua seconda vita, ma alla fine i conti tornano e lui resta il Brunetto di sempre, nel ricordo di Liedholm ("è stato la mia vita", dice di lui) come nell'ammirazione per Ranieri ("fa cose incredibili a 73 anni e ama la Roma come me").In mezzo una bella vita a colori. I suoi preferiti.
E poi c'è l'amore per la famiglia, la moglie Laura definita sempre "il premio più bello della mia vita", i figli Daniele (arrivato in Serie A e diventato una bandiera del Cagliari) e Andrea. Il nipote Bruno ("il mio sosia") lo ha fatto invece piangere, davanti alla tv, quando è entrato in campo per abbracciare il padre e festeggiare un gol.
Affetti che hanno avuto un ruolo anche in un momento non facile della sua vita: il tumore combattuto, l'intervento, le terapie affrontate. Intorno il popolo giallorosso, che mai ha mancato di fargli arrivare sostegno e affetto.
E arriviamo ai giorni nostri, ad oggi, al 70° compleanno con l'Hashtag #BrunoConti in tendenza già dalla Mezzanotte, le migliaia di post e di omaggi che è davvero difficile anche solo contare a occhio nudo.
Del resto Bruno Conti, come tutti gli eroi di Spagna 1982, non è una semplice bandiera di Club ma è un monumento del calcio italiano.
Non è un caso se tra le tante immagini di quella notte dell'11 luglio la più iconica resta quella dell'abbraccio di gruppo con Claudio Gentile che sommerge Bruno Conti e Paolo Rossi. La chiamarono "La Statua della Felicità". Quello che è stato, che è e sarà per sempre Bruno Conti da Nettuno
(Photo by Steve Powell/Getty Images)