Hellas Verona FC
·13 marzo 2025
Viste da vicino | Ivana Naydenova

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·13 marzo 2025
Verona - Nuovo appuntamento con 'Viste da vicino' il format di interviste gialloblù in cui le protagoniste sono le ragazze della Prima squadra dell'Hellas Verona Women.
Undicesima puntata dedicata a Ivana Naydenova, centrocampista bulgara classe 2001. Ivana, attraverso le sue parole, ci ha raccontato del suo inizio con il mondo del calcio a Sofia, del suo arrivo in Italia e dei legami che è riuscita a costruirsi qui a Verona.
Ivana, come hai iniziato a giocare a calcio? “In Bulgaria esiste una tradizione chiamata ‘Proshtapulnic’. È un'usanza che consiste nel far scegliere al proprio figlio o alla propria figlia, quando ha pochi mesi, tra vari oggetti tutti diversi tra loro posizionati su un tavolo distante qualche metro. Gattonando il bambino arriva al tavolo e sceglie uno degli oggetti, che si pensa possa rappresentare cosa farà in futuro. Io avevo scelto proprio il pallone tra i tanti oggetti presenti. Avrei potuto scegliere tra un pacco di medicine, e magari sarei diventata medico, oppure una penna per diventare insegnante o un libro per diventare scrittrice… Insomma, forse era nel mio destino diventare una calciatrice. Da piccola, del resto, amavo giocare con la palla ovunque: a casa, per strada, con i miei amici o anche da sola”.
Qual è stata la squadra con cui hai iniziato? “Il primo club per il quale ho giocato si chiamava Eurostars, era una piccola squadra maschile di Sofia. Ho iniziato a giocare nel 2012 e sono rimasta lì fino al 2015. Quando avevo quattordici anni, durante il mio ultimo anno lì, ero diventata il capitano nonostante fossi l’unica ragazza. L’anno successivo, non potendo più giocare con i maschi, sono stata contattata dalla una delle squadre più forti a livello femminile in Bulgaria, la NSA. Con loro ho anche giocato in UEFA Women’s Champions League per ben cinque anni. E così, sempre a quattordici anni, ho esordito da titolare nella massima competizione europea femminile, giocando 70 minuti”.
Nel 2019 hai anche ottenuto un titolo speciale con questa squadra… “Sì, nel 2019 sono stata selezionata come miglior giocatrice del campionato bulgaro. Io credo che per ottenere delle soddisfazioni nel corso della nostra vita serva lavorare e pensare sempre al presente, senza lasciarsi condizionare dal passato o dal futuro. Ricordo di aver pensato in quel momento che il mio lavoro finalmente avesse dato i suoi frutti, e che quel premio era la giusta ricompensa per i sacrifici fatti. Alla NSA sono rimasta fino al 2021, anno in cui mi sono trasferita in Italia”.
Come mai proprio in Italia? “Il mio ex procuratore era un grande amico della mia allenatrice del tempo alla NSA, e così mi propose di andare a giocare all’Orobica, in Italia, in Serie C. Dalla Bulgaria al calcio femminile italiano, mi sembrava un sogno, e così ho deciso immediatamente di partire per questa avventura. Il primo anno è stato un po' più difficile per me, essendo molto lontana da casa. Del resto io amo la Bulgaria e un giorno, quando mi sarò ritirata dal calcio giocato, ci tornerò per vivere lì. È stato un anno duro, ma almeno non ero da sola, essendoci in squadra altre tre ragazze bulgare insieme a me. L’anno successivo mi sono trasferita alla Res Roma, dove ho iniziato a vivere meglio la distanza con casa mia. Certo Roma, rispetto ad Arcene, cittadina della provincia bergamasca, è veramente grande (ride ndr)”.
E dopo Roma hai scelto Verona… “Volevo qualcosa di più, e sapevo che l'Hellas Verona era la squadra migliore che potessi scegliere per continuare il mio percorso e migliorarmi sempre di più come giocatrice. E poi Verona è bellissima, è dove ho trovato veramente il mio equilibrio. Se dovessi chiudere gli occhi, immaginerei proprio un tramonto visto da Castel San Pietro, con un cantante e le chitarre. Questo mi basta per essere felice”.
Come ti sei ambientata a Verona? “All’inizio è stato difficile ovviamente. Sono una persona abbastanza riservata e non parlo molto, preferisco rimanere sulle mie a ascoltare e analizzare. Le cose però sono cambiate velocemente e adesso mi sento benissimo, sia in campo che fuori, con le ragazze, con la squadra e con lo staff. La persona che mi ha aiutata di più in questo periodo è stata Nicole Costa, una persona molto simile a me. Con lei, fin dall'inizio, mi sono sentita sicura, sapevo di poter essere me stessa con lei”.
La tua famiglia dalla Bulgaria riesce a seguire il calcio e a vedere le tue partite? “Mio padre Emil credo non si sia perso neanche una mia partita quando giocavo a Sofia, dal 2012 al 2021. Lui c’era sempre sugli spalti. Mi segue ancora adesso, per come può, nonostante la distanza. Mia madre Desislava e mio fratello Zlatko, invece, non sono così appassionati di calcio e di sport in generale. Mio fratello ha sette anni più di me; dopo essersi diplomato al Liceo Italiano di Sofia, ha studiato al Politecnico di Milano, prima di rientrare in Bulgaria. Quindi anche lui è abbastanza legato con l’Italia”.
Qual è il ricordo più bello che hai vissuto finora grazie al calcio? “Ci sono tantissimi momenti che ricordo con piacere, ma se dovessi citarne uno direi il mio gol contro la Romania in Nazionale Under 19, nel secondo stage di Elite Round. Per la prima volta la formazione femminile Under 19 bulgara raggiungeva il secondo stage nazionale in questa competizione. Ero anche il capitano della squadra. Abbiamo giocato nel girone contro l’Italia, con cui abbiamo perso, contro il Portogallo, dove abbiamo pareggiato per 2-2, e contro la Romania, partita in cui ho realizzato la rete dell’1-0 finale. Siamo riuscite ad ottenere il pass per la terza fase, dove abbiamo incontrato l'Olanda, l'Islanda e la Russia, essendo state ripescate come miglior terza classificata. In Nazionale ho tanti bei ricordi, tra cui sicuramente devo citare la prima convocazione in Prima squadra”.
Chi è il tuo idolo calcistico? “Tifo Arsenal da sempre, da quando giocavo da piccola a FIFA 07 e sceglievo in modalità carriera sempre questa squadra per giocare con Henry e Van Persie, e qualche anno dopo con Özil. Devo essere sincera però e ammettere che Rodri è il calciatore più forte in assoluto nel mio ruolo. Si trova sempre al posto giusto, al momento giusto, facendo il movimento giusto. È come un fiume: l’azione non inizia da lui e non finisce con lui, ma scorre attraverso il suo gioco. È la connessione e l’equilibrio della sua squadra”.
Fuori dal campo, chi è Ivana? “Sono una persona semplice, a cui piace passare il tempo all'aria aperta, il più lontano possibile dal cellulare. Non parlo molto, sono sempre un po’ schiva. Mi piace discutere solo di cose che ritengo abbiano un valore importante e profondo. Mi piace leggere libri, fare tante passeggiate. Le mie coinquiline, Madda (Nava ndr), Fede (Anghileri ndr), Case (Casellato ndr) e Nicky (costa ndr) ogni volta rimangono scioccate dalle lunghe passeggiate che faccio, mi chiedono sempre dove vado (ride ndr). Io semplicemente cammino senza meta, un po’ come facevo in Bulgaria vicino al mio posto preferito d’infanzia, una casa vacanze di famiglia a circa 60 chilometri da Sofia, a Dzurovo. Per me il luogo della pace dei sensi, dove veramente mi sento bene”.
Cosa significa il calcio per te? "Il calcio per me, lo dico in bulgaro, è ‘Nacin na izraziavane’. Tradurlo in poche parole è veramente difficile, ma provandoci direi che è ‘il mio modo di esprimermi, nello spazio e nelle emozioni’. È grazie al calcio che riesco ad esprimere me stessa e a sentirmi libera”.