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·24 de abril de 2025

L’Inter paga il prezzo di essere grandi: reagire fa parte del percorso

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La pesante sconfitta per 0-3 subita in casa contro il Milan nella semifinale di ritorno di Coppa Italia è solo l’ultima manifestazione di un problema che accompagna l’Inter da inizio stagione: una rosa profonda sulla carta, ma non realmente omogenea nei valori. Un tema spesso discusso, ma che ora si rivela in tutta la sua chiarezza.

IL PREZZO DA PAGARE – Il distacco netto tra titolari e panchinari all’Inter costringe Simone Inzaghi a puntare sempre sugli stessi 8-9 uomini, ruotandone al massimo due o tre. E quando ti giochi ogni competizione al massimo livello, ogni tre giorni, il conto da pagare diventa inevitabile. Non è presunzione, non è superficialità tattica. Non si può dire che questa squadra non abbia dato tanto. Ma non si dica che abbia dato tutto. Basti pensare alla qualificazione eroica in Champions League contro il Bayern Monaco. Nella doppia sfida europea i nerazzurri sono stati a tratti commoventi. Tre giorni dopo, in campionato, arriva la sconfitta a Bologna al 94’, gol di Orsolini. Tre giorni dopo ancora, crollo netto nel derby con il Milan. Questa è la realtà, e non è un alibi. È il prezzo della competitività. L’Inter ha deciso di provare a giocare su tutti i fronti. Lo ha dichiarato, lo ha dimostrato e, fino a poche settimane fa, ha retto benissimo. Ma la differenza tra dichiararsi grandi e comportarsi da tali è anche questa: accettare che, ad un certo punto, la fatica ti raggiunge, ti piega, ma non ti spezza. Perché è questo che distingue le squadre vincenti da quelle solo ambiziose.


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L’Inter paga il conto, ma la reazione fa parte del percorso per continuare ad essere grandi

RIALZARSI – Ora serve lucidità. Il calendario è spietato: Roma il 27 aprile, semifinale d’andata contro il Barcellona il 30, poi Verona il 3 maggio, ritorno contro il Barcellona il 6. Un tour de force da brividi, ma anche un’occasione per dimostrare di che pasta è fatta questa Inter. Inzaghi dovrà essere bravo a gestire risorse e nervi, sperando nei rientri di uomini chiave come Marcus Thuram, Piotr Zielinski e Denzel Dumfries. Non è la prima volta che una grande squadra va in apnea a questo punto della stagione. E non sarà la prima volta che una grande squadra trova in se stessa la forza per risalire. Il rischio di compromettere tutto c’è, ma il vero pericolo sarebbe quello di smarrire convinzione e compattezza. L’Inter non può permetterselo. Non ora.

ANCORA VIVI – Perdere due gare in tre giorni non era mai successo in stagione, ma non deve diventare un trauma. Serve una reazione, non solo tecnica ma mentale. Perché la stagione non è finita, e anzi, è ancora tutta da scrivere. Lo scudetto è lì, a un passo, con il Napoli pronto ad approfittare di ogni caduta. La Champions League può ancora regalare una finale. E la dignità di un’annata intera si misura proprio in questi momenti. Non nei trionfi, ma nella capacità di rialzarsi dopo le cadute. L’Inter è stanca, ma non è morta. Ora è il momento di dimostrare che questa squadra, pur ferita, sa ancora lottare per vincere.

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