
Zerocinquantuno
·19 de abril de 2025
Mudingayi: “L’Inter non cala quasi mai, dai rossoblù mi aspetto una grande gara. Giocatori ricettivi e club solido, a Bologna gli allenatori possono lavorare bene”

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·19 de abril de 2025
Con la casacca del Bologna, dal 2008 al 2012, 128 presenze e 2 gol ma soprattutto una miriade di palloni recuperati, di tackle, di corse alle calcagna degli avversari. Non sempre nel calcio il giocatore che ti ruba l’occhio è quello dalla tecnica sopraffina, spesso sono proprio i guerrieri di centrocampo a finire dritti nel cuore dei tifosi. In maglia rossoblù ne sono passati diversi, tra i più recenti senza dubbio Gaby Mudingayi, mediano belga di origini congolesi che dopo qualche incomprensione ha saputo guadagnarsi il rispetto, la fiducia e l’affetto della piazza felsinea, restando poi a vivere sotto le Due Torri. Questo pomeriggio abbiamo parlato con lui, che oggi ha 43 anni e ha imboccato la strada per diventare procuratore, analizzando il big match di domani tra il BFC e l’Inter, altra sua ex squadra, e l’ottimo cammino stagionale degli uomini di Vincenzo Italiano. Senza ovviamente dimenticare il passato.
Ciao Gaby, è un piacere ritrovarti: di cosa ti occupi adesso? «Sto lavorando con un procuratore, all’interno di un’agenzia in Belgio, e sono spesso in giro tra lì e la Francia per visionare giovani giocatori. In precedenza avevo collaborato con l’agente di Franck Kessie (George Atangana, ndr). Vedo quindi il mio futuro nelle vesti di procuratore ma ho ancora tanto da imparare: essere stato calciatore non implica in automatico saper svolgere questo mestiere».
Passando al Bologna, come si riparte dopo un k.o. che ha interrotto una lunga striscia positiva? «La sconfitta di domenica scorsa non cancella il momento positivo dei rossoblù, a maggior ragione visto il valore dell’Atalanta, pur sempre una delle migliori formazioni della Serie A: non è mai semplice tornare da Bergamo con un risultato positivo. È iniziato il rush finale della stagione e tutti i giocatori sono consapevoli di dover dare qualcosa in più, ecco perché già da domani mi aspetto nuovamente una grande gara da parte del Bologna».
Raggiunta la semifinale di Champions, che Inter arriverà al Dall’Ara: più stanca o euforica? «Una squadra del genere, impegnata su più fronti e con obiettivi prestigiosi, è costruita per essere sempre sul pezzo e non calare quasi mai: Inzaghi, infortuni a parte, ha la possibilità di ruotare giocatori di altissimo livello, e quelli che chiamerà in causa domani avranno certamente voglia di fare bene, mostrando il proprio valore e aiutando l’Inter a rimanere in vetta».
Il BFC è ancora sul treno che porta in Europa: raggiungerla è un imperativo, arrivati a questo punto, o ritrovarsi in lotta è già di per sé un ottimo risultato? «Questa stagione, in continuità con la scorsa, rappresenta la prosecuzione dell’egregio lavoro svolto dal club in tutte le sue componenti: certo, la classifica è molto compatta e imprevedibile dall’Atalanta fino al Milan, ma garantirsi un altro anno in territorio continentale sarebbe importante perché certificherebbe ulteriormente lo status e la dimensione raggiunti dal Bologna. Senza dimenticare la possibilità di agguantare l’Europa attraverso la Coppa Italia, con un trionfo che sarebbe storico».
Motta e Italiano, due modi diversi di interpretare il calcio: più calmo e riflessivo il primo, più vivace e adrenalinico il secondo. Con una fattore in comune: i risultati. «Evidentemente la rosa del Bologna era ed è composta da ragazzi intelligenti, ricettivi e capaci di cogliere il meglio da ogni allenatore, anche di fronte a proposte calcistiche diverse. Quanto ai mister, sono due profili giovani e con idee di valore: entrambi in rossoblù hanno fatto bene sfruttando un ambiente che ti permette di lavorare in maniera ideale, con una società molto seria e organizzata alle spalle. Insomma, il contesto perfetto per fare bene: altrove non è così…».
Sei ancora in contatto con i tuoi ex compagni di squadra in rossoblù, specialmente con quelli del nono posto ottenuto nel 2012? «I quattro anni in cui ho giocato nel Bologna sono stati difficili ma anche bellissimi, e nel tempo ho mantenuto un bel rapporto con tutte le persone che ho avuto il piacere di conoscere a Casteldebole. In primis con Marco Di Vaio, che vedo quasi quotidianamente dato che abitiamo vicini».
Ripensandoci a distanza di tempo, resta un rammarico aver lasciato quel Bologna di cui eri un leader per un’Inter post Triplete arrivata al canto del cigno? «Non rimpiango niente, l’unica cosa che mi dà dispiacere ripensando al passato sono i gravi infortuni subiti. A Bologna ho dato il massimo e fatto bene, poi quando si è presentata l’opportunità dell’Inter non ho potuto dire di no: per un calciatore indossare una maglia tanto importante, con annessa possibilità di giocare insieme a diversi campioni, ripaga dei sacrifici di una vita. Ma questo nulla toglie all’esperienza vissuta sotto le Due Torri, in una piazza che amo tantissimo e dove sono sempre stato alla grande: ancora oggi quando cammino in città vengo riconosciuto e acclamato, segno che nessuno ha dimenticato il mio impegno e la mia serietà».
Non è un caso che tanti sportivi, una volta conclusa la propria carriera, decidano di rimanere a vivere qui… «Bologna è un luogo splendido in cui si vive molto bene, senza dimenticare che la cucina è spettacolare (ride, ndr). In più a livello logistico rappresenta uno snodo strategico per poter raggiungere rapidamente altre città come ad esempio Milano e Firenze, oltre ad avere l’aeroporto a poca distanza dal centro. Il resto lo fanno l’educazione, la simpatia e l’affetto dei bolognesi, che sono davvero unici».