Hellas Verona FC
·24 de abril de 2025
Viste da vicino | Laura Capucci

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·24 de abril de 2025
Verona - Nuovo appuntamento con 'Viste da vicino' il format di interviste gialloblù in cui le protagoniste sono le ragazze della Prima squadra dell'Hellas Verona Women.
Quattordicesima puntata dedicata a Laura Capucci, terzino milanese classe 2000, anche lei tra le giovani 'veterane' dell'Hellas Verona Women. Laura, attraverso i suoi ricordi più belli, ci ha raccontato della sua carriera, del suo ritorno in squadra nella seconda parte di stagione dopo l'infortunio e della sua vita e dei suoi sogni al di fuori del rettangolo verde.
Laura, come hai iniziato a giocare a calcio? “Ho iniziato a sette anni durante un camp estivo del mio paese, a Segrate, in provincia di Milano. Ricordo che in quel camp le femmine giocavano a pallavolo, mentre i maschi a calcio. E poi c’ero io, una bambina che giocava a pallone con i maschi. Da quel momento mio papà ha deciso di iscrivermi nel Segrate, la società del paese appunto”.
E come è continuato questo lungo viaggio? “Sono stata a Segrate per qualche anno, poi sono andata in una società poco distante, la Vimodronese. A 13 anni, quando non ho potuto più giocare con i maschi, mi sono trasferita alla Bocconi Femminile, un Club successivamente fallito. Lì ho iniziato con la formazione Primavera, anche se poco dopo ho esordito in Serie B, a 15 anni. Tanti nomi sono passati da questa squadra, come ad esempio Elena Pisani, con cui ho anche giocato. Quando la società è fallita sono stata contattata dall'Inter Femminile, dove sono tornata nuovamente a giocare per due anni in Primavera. Lì ho vissuto anche il passaggio da Inter Femminile a Inter Internazionale, società con cui ho vinto il campionato di Serie B. Eravamo una squadra fortissima: quell'anno ricordo che vincemmo tutte le partite tranne una, quella contro la Lazio con cui pareggiammo. Io le giocai tutte, al fianco di calciatrici molto forti che ora militano in Serie A”.
Che emozioni hai provato quando hai firmato con l’Inter? “In realtà ero abbastanza piccola, quindi non mi rendevo conto di quello che stavo per fare. Mi ricordo i sacrifici che facevo a scuola. Mi ripetevo che tutti quegli sforzi un giorno mi avrebbero ripagato di tutto e che giocare per l’Inter era già qualcosa di incredibile. Durante l’anno in Serie A, all’Inter, non ero riuscita però ad ottenere un grande minutaggio, un po’ anche per colpa della pandemia. Sentivo che avevo bisogno di fare ancora un po' di gavetta, di esperienza, avevo ancora vent'anni. E così decisi di trasferirmi a Ravenna, dove al mio primo anno siamo arrivate terze in campionato. Anche lì ho conosciuto tante compagne di livello, come Matilde Copetti e Miriam Picchi. L’anno successivo a Ravenna giocai sempre da titolare. E infine eccomi qui, proprio a Verona. Questo è il mio terzo anno all’Hellas, una realtà di Serie B al momento, ma che funziona, come organizzazione e strutture, proprio come un Club di Serie A”.
E in tutto questo girare tra le varie città, cosa ti resta di casa tua? “Tornare a casa è sempre fantastico. Anche il semplice stare sul divano a guardare la tv o mangiare tutti insieme è bellissimo. Col tempo dai tanta importanza a quelle piccole cose. Adesso quando torno e mi siedo a tavola con i miei genitori mi sento bene, è bello e do tanto valore ad ogni momento con loro. Non ho mai sentito la mia famiglia distante. Loro mi seguono tanto e ci sentiamo sempre”.
Ti senti un riferimento in campo per le tue compagne? “Avrei voluto essere più costante in campo quest’anno, ma sono riuscita a giocare solo la seconda parte di campionato a causa dell’infortunio che ho subìto al crociato durante la scorsa stagione. Delle compagne di quest'anno conoscevo già anche qualche ragazza da prima, perché ci avevo giocato insieme, come ad esempio Nicky (Costa ndr). Lei mi segue (ride ndr), e dopo un po’ arriva nella squadra dove ci sono già anche io. Mi sento un po’ una guida per queste nuove ragazze, e penso che questo mio ruolo possa essere importante all’interno del gruppo squadra. Magari avere un po’ di esperienza in più, con qualche anno in più giocato, ti dà quel senso di responsabilità. Qualche giorno fa, ad esempio, ho ricevuto un messaggio da Greta (Zanoni ndr), nel quale mi diceva che sentiva il bisogno di parlare con me, di farsi consigliare dalla mia esperienza. Io ci sono e aiuto tutte. Credo che Greta sia veramente forte e abbia tantissimo potenziale. Lo vedo in certi suoi movimenti, giocando da sempre proprio nel suo ruolo”.
Ma Laura, insieme a queste grandi responsabilità, sa essere anche l’anima della festa, giusto? “Sono sempre andata d'accordo con tutte. Cerco di essere sempre sorridente nei confronti di ognuno. Io non ce la faccio ad essere triste, magari è il mio carattere. Cerco di trasmettere questo anche ad altre persone e mi fa piacere quando riesco a rallegrare qualcuno. Mi viene naturale. Siamo una squadra giovane, magari con qualcuna un po’ più grande, ma abbiamo un obiettivo chiaro. In campo ci stimoliamo a vicenda, abbiamo creato un ambiente ottimo, viviamo benissimo all’interno dello spogliatoio. Ovviamente c’è voluto del tempo per conoscersi meglio, ma stiamo davvero bene insieme”.
Cosa si prova a tornare in campo dopo un infortunio come il tuo? “Un infortunio così lungo è davvero stressante, ci vuole tanta pazienza. In quel periodo cresci tanto, soprattutto mentalmente. Impari a conoscerti meglio. Stai lì sugli spalti ed è davvero un’agonia non poter giocare, non poter aiutare le tue compagne. È stato un percorso graduale, perché il fisico ha bisogno di tempo, ma ritornare in campo, essere lì con le altre, è stato davvero troppo bello. Alla mia prima partita da titolare contro l’Arezzo è anche arrivata la vittoria e questo non ha davvero prezzo”.
Qual è il tuo ricordo più bello vissuto finora grazie al calcio? “Direi proprio la vittoria del campionato di Serie B 2019/20 di cui parlavo prima. Avevo 19 anni e ricordo che mi sembrava una cosa davvero troppo più grande di me. C'era tantissima gente sugli spalti ed io ero lì, titolare, in una squadra che aveva vinto un campionato. Ecco, così realizzi un po' il tuo sogno, quel sogno nel quale ti ripeti fin da piccola, che da grande vorresti fare la calciatrice. Ma ricordo molto bene anche il mio primo anno qui a Verona: c’è stato un periodo in cui segnavo ad ogni partita, come se da terzino fossi diventata il bomber della squadra (ride ndr)”.
Cosa si prova a vestire la maglia azzurra? “Ho vestito la maglia azzurra in Under 19. Non posso negarlo, ero molto agitata. Solo l'idea di andare là, a difendere quei colori, mi metteva tanta pressione. Ma poi, se ci ripenso, provo un orgoglio immenso”.
Chi è il tuo idolo? “Mi ispiro a Sofia Goggia, per la grinta che ha. Provo tanta ammirazione per lei, per come affronta la competizione sportiva. Anche io vorrei essere così, concentrata allo stesso modo, con quel fuoco lì che ti scorre dentro”.
Chi è Laura fuori dal campo? “Laura fuori dal campo è una persona spontanea. Mi reputo una ragazza pura, sono proprio come mi vedi. Mi piace stare insieme alle persone, sono socievole, sorridente, solare. Ovviamente ho anche i miei momenti, come tutti. A 25 anni magari, con l’età che passa, ti chiedi cosa vuoi fare della tua vita. Magari inizi anche a domandarti a che punto sei, qual è la tua strada. Ecco, forse penso un po’ troppo, vivendo costantemente nel futuro. Mi piacerebbe poter programmare tutto. A volte, però, devi un po’ lasciarti andare all’irrazionale. Fuori dal campo mi impegno molto anche nello studio. Ho conseguito una laurea triennale in Scienze dell'Organizzazione alla Bicocca, Università nella quale mi sono iscritta anche alla magistrale di Management e Design dei Servizi. L’Università è molto importante per me. Ho sempre voluto tenere calcio e studio su due binari paralleli, portando avanti entrambi. Un giorno mi piacerebbe poter lavorare, nella parte di organizzazione evento, alle Olimpiadi, oppure al CONI o alla FIGC”.
Che cos'è il calcio per te? “Il calcio è vita, gioia e sofferenza. È tutto ciò che mi ha portata a prendere ogni scelta finora nella mia vita. Tutto quello che ho fatto, fino ad ora, l'ho fatto in funzione del calcio”.